“Immenso tema, “Sport contro Cultura”[1] Chi scrive sa bene di aver osato non poco …, ma è convinto di questa come di molte altre cose. Preferiamo invitare chi legge a godersi questo dialogo della fantasia e della memoria”[2] tra Brera e Flaiano.
Ma chi era Brera ? Il giornalista e scrittore italiano, considerato una delle penne più originali e influenti del giornalismo sportivo italiano del XX secolo, grazie alla sua inventiva e alla sua padronanza della lingua italiana, di sé ha scritto: “ Sono nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, cresciuto brado o quasi fra boschi, rive e mollenti […] Io sono padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni. E mi sono scoperto figlio legittimo del Po”[3].
Chi era Flaiano ? A Italo Alighiero Chiusano (intervista 1972) così Flaiano di sé stesso: “ Direi giornalista e sceneggiatore, autore anche di un romanzo, Tempo di uccidere. Scrittore minore satirico dell’Italia del Benessere”.
- Ennio Flaiano: Buonasera, Gianni. Sono contento di incontrarti. Ho letto con interesse i tuoi articoli sul calcio e devo dire che hai uno stile inconfondibile.
- Gianni Brera: Grazie, Ennio. Il tuo complimento mi onora, soprattutto venendo da te, che sei uno dei maggiori scrittori italiani del dopoguerra. Ho ammirato molto le tue opere, soprattutto “Tempo di uccidere”.[4]
- Ennio Flaiano: Ti ringrazio. Mi fa piacere che tu apprezzi la mia letteratura, che è spesso considerata troppo fantastica e ironica per i gusti del pubblico italiano. Ma dimmi, come mai ti sei appassionato al calcio, che è uno sport così popolare e plebeo?
- Gianni Brera: Perché il calcio è la mia vita, Ennio. Il calcio è la mia passione, il mio linguaggio, il mio modo di interpretare il mondo. Il calcio è arte, scienza, filosofia, politica, storia. Il calcio è tutto.
- Ennio Flaiano: Non esageri un po’, Gianni? Il calcio è pur sempre un gioco, una forma di divertimento, di evasione dalla realtà. Non credi che ci siano cose più importanti e profonde da occupare la mente di uno scrittore?
- Gianni Brera: No, Ennio. Il calcio non è solo un gioco. “ Lo sport è vecchio come il mondo, perché l’uomo ha sempre mimato la vita e la morte anche per gioco”. Il calcio è una metafora della vita, una rappresentazione delle dinamiche sociali, delle tensioni umane, delle aspirazioni collettive. Il calcio è una cultura, una civiltà, una visione del mondo, ” simboleggia la difesa degli affetti più cari – madre sposa figli – dagli assalti dei nemici ai quali si restituiscono pari pari le offese”[5].
- Ennio Flaiano: Mi sembra che tu idealizzi troppo il calcio, Gianni. Mi sembra che tu trascuri gli aspetti negativi del calcio, come la violenza, la corruzione, il nazionalismo, il conformismo. Mi sembra che tu dimentichi che il calcio è anche spettacolo, commercio, propaganda.
- Gianni Brera: No, Ennio. Io non idealizzo il calcio. Io lo racconto come è, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue luci e le sue ombre. Io non dimentico che il calcio è anche spettacolo, commercio, propaganda. Ma io non mi fermo a questi aspetti superficiali. Io cerco di andare oltre, di cogliere l’essenza del calcio, il suo significato profondo.
- Ennio Flaiano: E quale sarebbe questo significato profondo, Gianni?
- Gianni Brera: Il significato profondo del calcio è la bellezza, Ennio. La bellezza del gesto atletico, della strategia tattica, della creatività artistica. “ L’oggetto magico ricorda il mondo di Mercator, solcato da meridiani e paralleli […] L’oggetto è magico perché rimbalza, rotola, vola, descrive per aria figure geometriche elementari, quasi sempre parabole, ma spesso anche rette che fra loro si intersecano secondo i giochi, anzi gli schemi. Il ricorso alla magia è iperbolico ma non guasta. In fondo il gioco, se ben eseguito, si ispira all’armonia dei mondi.[6] E dà soddisfazione diretta a chi lo sa fare aggiungendovi fantasia”. La bellezza della sfida sportiva, della competizione leale, della solidarietà di squadra. La bellezza dell’emozione collettiva, della partecipazione popolare, dell’identificazione nazionale.
- Ennio Flaiano: Mi permetti di dissentire da te, Gianni? Per me la bellezza non si trova nel calcio. Per me la bellezza si trova nella letteratura. Nella letteratura che inventa mondi possibili, che esplora dimensioni fantastiche, che esprime idee originali. Nella letteratura che stimola la fantasia, che arricchisce la cultura, che eleva lo spirito.
- Gianni Brera: Non ti offendere se ti dico che per me la letteratura non è tutto questo. Per me la letteratura è una forma di comunicazione, di espressione, di testimonianza. La letteratura che mi interessa è quella che racconta la realtà, che analizza la società, che critica il potere[7]
- “ El por Gioânn non ha mai preteso di far letteratura. Se ha dovuto inventarsi un linguaggio, non già una lingua (scherzèm minga), lo ha fatto perché non esisteva “. La letteratura che mi interessa è quella che informa, che coinvolge, che provoca, mentre «Gli scrittori italiani sono degli sperimentali, degli avanguardisti, il loro latino non arriva a nessuno»[8].
- Ennio Flaiano: Mi sembra che abbiamo due concezioni molto diverse della letteratura, Gianni. E forse anche della vita. Forse non ci capiremo mai.
- Gianni Brera: Forse no, Ennio. Ma non importa. Ciò che conta è il rispetto reciproco, la stima professionale, l’amicizia personale. E su questo credo che siamo d’accordo.
- Ennio Flaiano: Sì, Gianni. Su questo siamo d’accordo. E brindiamo a questo.
[1] L’Europeo, Novembre 1970.
[2] Cesare Pavese, Dialoghi con con Leucò , Torino 1947(modificato).
[3] G. Brera – P. Merisio, Po, Bergamo 1973, ed. fuori commercio.
[4] Ennio Flaiano, Tempo di uccidere, Longanesi, Milano, 1947; Rizzoli, Milano, 1973; Mondadori, Milano, 1993; Corriere della Sera, Milano, 2003; UTET, Torino, 2006; BUR, Milano, 2008, ISBN 978-88-170-6708-9; Adelphi, Milano, 2020.
[5] Gianni Brera, Storia critica del calcio italiano , Milano 1998 , pagg.7-8.
[6] Gianni Brera, Il principe della zolla , Milano 2015 , pag.75.
[7] A cura di Claudio Rinaldi, voce Gianni Brera, Dizionario Biografico degli Italiani , Treccani Brera descriveva la situazione del giornalismo sportivo di quegli anni dividendo i colleghi in «amanuensi», coloro cioè che avevano giocato a calcio, ma non avevano un lessico sufficientemente adeguato per raccontare decentemente una partita, e «dannunziani», che avevano fatto studi classici e scrivevano un buon italiano, ma non si intendevano affatto di sport. Brera fu il primo a coniugare una grande competenza tecnica – frutto dei suoi trascorsi da calciatore e da pugile, o dello studio, nel caso dell’atletica, e poi del ciclismo – con una prosa colta, ricca e godibilissima.
«El por Gioânn non ha mai preteso di far letteratura. Se ha dovuto inventarsi un linguaggio, non già una lingua (scherzèm minga), lo ha fatto perché non esisteva. A scrivere di sport erano letterati minori, senza gran nerbo, o tecnici di sport che non sapevano di letteratura. I pirletta sghignettavano molto leggendo neologismi ad ogni pezzo: ma se non esistevano i termini?» (v. Guerin sportivo, 28 ottobre 1963).
[8]A cura di Adalberto Scemma con Alberto Brambilla, Per Gianni Brera l’Arcimatto pag.83. Novembre 2022.