Mansioni superiori e art. 2103 c.c.: quando matura l’inquadramento e arretrati dovuti 2025

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Una decisione 2025 chiarisce: se il dipendente svolge funzioni superiori oltre sei mesi, matura livello e differenze; contano continuità, CCNL e prove

Nel 2025 la Suprema Corte (sezione lavoro) ha ribadito un punto fermo. Il datore di lavoro deve misurare il livello anche sulle mansioni effettive. Quando l’azienda affida funzioni superiori in modo stabile, il dipendente matura il trattamento economico corrispondente. Oltre la soglia temporale, il lavoratore può ottenere anche il superiore inquadramento. La Corte, però, ha tracciato un confine: incarichi sporadici e periodi spezzati non bastano senza continuità e prova.

Mansioni superiori: il “conto” che arriva quando l’organizzazione corre più del contratto

L’art. 2103 c.c. collega potere direttivo e corrispettivo: se il datore di lavoro utilizza una prestazione più qualificata, deve riconoscere la retribuzione del livello svolto. La disciplina prevede anche che l’assegnazione diventi tendenzialmente stabile dopo il termine indicato dal CCNL o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi, salvo sostituzione temporanea di altro lavoratore.

Il caso: indennità più alte, ma incarichi a fasi e con intervalli

Nel processo, un dipendente di una società del trasporto ferroviario sosteneva di avere svolto compiti da livello superiore rispetto all’inquadramento formale. L’istruttoria evidenziava che l’azienda aveva già pagato, in alcuni periodi, indennità maggiorate collegate a incarichi di coordinamento. Il nodo restava temporale: i giorni “al livello alto” si distribuivano in mesi diversi, con pause tra un incarico e l’altro.

La prova che decide: attività svolte, CCNL, raffronto (senza scorciatoie)

La Corte ha richiamato il metodo di accertamento ormai tipico: (i) il giudice ricostruisce le mansioni in concreto (responsabilità, autonomia, compiti); (ii) il giudice individua le declaratorie del CCNL applicabile; (iii) il giudice confronta i due piani e verifica la corrispondenza con la qualifica rivendicata. Qui pesa l’onere di allegazione: il lavoratore deve indicare attività, periodi e riferimenti contrattuali; l’impresa limita il rischio se conserva ordini di servizio, deleghe e organigrammi aggiornati.

Continuità e cumulo: quando i periodi si sommano (e quando no)

La continuità può emergere anche dal cumulo di più periodi, ma solo se le prestazioni superiori mostrano frequenza e sistematicità. Se gli intervalli interrompono la sostanza dell’incarico, la Corte esclude lo “scatto” del requisito temporale. Nel caso esaminato, la frammentazione delle adibizioni ha inciso sulla valutazione della continuità.

Sostituzione o fabbisogno stabile: la linea che separa tutela e organizzazione

I giudici distinguono tra sostituzione temporanea e impiego stabile di mansioni superiori. Se l’azienda prova ragioni sostitutive e durata contenuta, la disciplina non conduce di regola al consolidamento dell’inquadramento. Se l’impresa usa funzioni superiori per esigenze ordinarie, la regola impone coerenza tra ruolo e costo del lavoro. Sul piano economico vale un doppio binario: la retribuzione del livello superiore matura dal primo giorno; l’inquadramento richiede soglia temporale e continuità, verificate su documenti e declaratorie del CCNL.

Arretrati e costo del lavoro: differenze retributive e prescrizione

Quando il giudice accerta l’impiego superiore, il dipendente ottiene le differenze retributive dalla data di effettiva adibizione, includendo gli elementi collegati al livello (indennità, premi, progressioni). Nei contenziosi lunghi, la prescrizione quinquennale può ridurre gli arretrati recuperabili e spostare l’attenzione su decorrenza e quantificazione.

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Giuseppe Anfuso

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