Interpretazione contrattuale e limiti del ricorso per Cassazione: riflessioni a partire dall’ordinanza Cass. civ. n. 18338/2024

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Interpretazione contrattuale e limiti del ricorso per Cassazione: riflessioni a partire dall’ordinanza Cass. civ. n. 18338/2024

Avv. Giuseppe Anfuso


Sommario

Il contributo analizza l’ordinanza n. 18338/2024 della Corte di Cassazione, con la quale viene dichiarato inammissibile un motivo di ricorso fondato sull’errata interpretazione di clausole contrattuali.

Tale decisione si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale che limita il sindacato di legittimità alle sole violazioni di diritto, escludendo la possibilità di rivalutare i fatti o la volontà negoziale in assenza del rispetto rigoroso dei canoni di autosufficienza e specificità.

Viene esaminata, in chiave critica, la tensione tra esigenze di efficienza processuale e tutela sostanziale del diritto, alla luce del dibattito dottrinale contemporaneo.


Articolo

Nel sistema del processo civile italiano, il giudizio di Cassazione è deputato alla sola verifica della legittimità delle decisioni, mediante il controllo sull’osservanza delle norme di diritto e dei principi di giusto processo. Esso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito.

Tuttavia, nei contenziosi che coinvolgono l’interpretazione di contratti, non di rado il ricorrente propone in sede di legittimità questioni che, più che errori di diritto, celano una richiesta di riesame del contenuto negoziale.

La giurisprudenza della Suprema Corte ha risposto con fermezza a questo fenomeno, tracciando confini stringenti e invocando, in casi emblematici, la rigorosa osservanza dei requisiti di specificità e autosufficienza del ricorso.

L’ordinanza n. 18338/2024

L’ordinanza n. 18338 del 4 luglio 2024, emessa dalla Sezione V civile, costituisce un recente e chiaro esempio di tale orientamento.

Nella vicenda esaminata, Mediobanca impugnava in Cassazione la sentenza con cui la CTR Lombardia aveva confermato l’assoggettamento a IVA di alcune prestazioni contrattuali rese da Banca Esperia (oggi confluita in Mediobanca) a favore di Duemme SGR.

Secondo la contribuente, l’attività svolta non integrava la figura della banca depositaria, ma rientrava tra i servizi di gestione individuale di portafoglio esenti da imposta.

I giudici d’appello avevano invece interpretato diversamente il contratto tra le parti, ravvisandovi elementi idonei a qualificare l’attività come deposito titoli, dunque imponibile.

Nel ricorso per Cassazione, la società lamentava l’erroneità di tale ricostruzione, senza tuttavia trascrivere le clausole contrattuali rilevanti né indicare in modo puntuale i criteri ermeneutici violati.

La Corte ha quindi dichiarato il motivo inammissibile, affermando che:

«non sono state trascritte nel ricorso le clausole contrattuali ritenute decisive, né si è indicato quali canoni ermeneutici siano stati violati»
(Cass. civ., Sez. V, ord. n. 18338/2024, p. 12)

e rilevando una «violazione essenziale dei principi di specificità e localizzazione».


Orientamenti giurisprudenziali

Questa impostazione non rappresenta una novità, ma piuttosto la coerente applicazione di un orientamento consolidato.

  • Cass., Sez. Un., n. 11892/2016
    Le Sezioni Unite hanno affermato che «è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduca una erronea interpretazione del contratto, se non viene riprodotto nel ricorso il testo delle clausole contrattuali di cui si discute né indicate le norme in materia di ermeneutica contrattuale che si assumono violate» (in Foro it., 2016, I, 2157).

  • Cass., Sez. Un., n. 8053/2014
    La stessa Corte aveva già delimitato i confini del sindacato sulla motivazione, ammettendo la censura solo in caso di «mancanza assoluta di motivazione, motivazione apparente, perplessa o irriducibilmente contraddittoria» (in Riv. dir. proc., 2014, IV, 917).

Sul piano sistematico, questa linea giurisprudenziale risponde all’esigenza di delimitare il perimetro del giudizio di legittimità, evitando che la Cassazione venga trasformata in un giudice del fatto.


Dibattito dottrinale

  • Giovanni Verde
    Sostiene che il rispetto delle regole di autosufficienza e specificità non rappresenta un formalismo fine a sé stesso, ma la condizione minima per permettere alla Corte di esercitare il suo controllo nomofilattico (Contratto e impresa, 2017, p. 237 ss.).

  • Alberto Tedoldi
    Ritiene invece che un’applicazione eccessivamente rigida del principio di autosufficienza possa trasformarsi in uno strumento di preclusione processuale, lesivo della giustizia sostanziale.
    Secondo lui, «un sistema processuale che esclude il controllo sull’errore evidente, solo per carenze formali del ricorso, finisce per sacrificare la funzione di giustizia della Corte» (Giur. it., 2019, IV, p. 743 ss.).

Il dibattito riflette quindi una tensione irrisolta tra due esigenze contrapposte:

  • tutela dell’ordine formale e funzione nomofilattica;

  • garanzia della giustizia effettiva, nei casi in cui errori sostanziali restano immuni da censura per meri vizi tecnici.


Conclusioni

L’ordinanza n. 18338/2024 rappresenta un punto fermo nell’evoluzione del sindacato di legittimità sull’interpretazione contrattuale, ribadendo che esso può esercitarsi solo in presenza di deduzioni articolate e formalmente corrette.

Al tempo stesso, riapre il dibattito teorico sull’equilibrio tra forma e sostanza nel giudizio di legittimità, tema che continuerà a interrogare dottrina e giurisprudenza anche in vista delle riforme in corso sul processo civile.


Bibliografia essenziale

  • Cass. civ., Sez. V, ord. 4 luglio 2024, n. 18338

  • Cass. civ., Sez. Un., 10 giugno 2016, n. 11892, in Foro it., 2016, I, 2157

  • Cass. civ., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053, in Riv. dir. proc., 2014, IV, 917

  • Giovanni Verde, L’interpretazione del contratto e il sindacato di legittimità, in Contratto e impresa, 2017, pp. 237 ss.

  • Alberto Tedoldi, I limiti del sindacato di legittimità sull’interpretazione contrattuale, in Giurisprudenza italiana, 2019, IV, pp. 743 ss.

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