Conto corrente, truffa online e risarcimento: quando la banca deve rimborsare tutto subito

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Nuove pronunce su phishing bancario spostano l’onere della prova sulle banche e rafforzano le tutele per i correntisti online italiani contro le frodi

Le più recenti decisioni su phishing bancario e truffe sul conto corrente online segnano un cambio di passo: di fronte a operazioni non autorizzate, la regola è che la banca rimborsa il cliente. Gli istituti di credito devono dimostrare di avere predisposto sistemi di sicurezza adeguati e procedure efficaci di controllo; solo la prova di una colpa grave del correntista o di eventi davvero imprevedibili consente di negare il risarcimento, in un contesto in cui i pagamenti digitali vengono considerati attività ad alto rischio.

Truffe online e conto corrente: la responsabilità non è più solo del cliente

L’esplosione delle truffe via mail, sms e finti siti di home banking ha portato i giudici a ricondurre la sottrazione dei codici di accesso al rischio tipico dell’intermediario: chi offre servizi di pagamento elettronico deve mettere in conto tentativi di intrusione e attrezzarsi di conseguenza. Al cliente basta quindi dimostrare l’esistenza del rapporto contrattuale e contestare le operazioni sospette; spetta alla banca provare che quell’addebito sia riconducibile alla volontà del correntista oppure a un suo comportamento palesemente imprudente.

L’onere della prova si sposta sugli istituti di credito

Il nodo cruciale è il riparto dell’onere probatorio. Una volta contestate le operazioni non autorizzate, l’istituto non può limitarsi a richiamare la regolarità formale dell’accesso ai servizi online, ma deve dimostrare di avere adottato sistemi di autenticazione forte, strumenti di allerta sui movimenti anomali e procedure rapide di blocco. I giudici applicano il parametro dell’accorto banchiere, pretendendo uno standard di diligenza elevato: informative generiche sul rischio di phishing o richiami alle “regole di prudenza” non bastano più a liberare la banca dalla responsabilità.

Colpa grave del correntista: quando il rimborso può saltare

Il cliente resta comunque tenuto a custodire con cura i propri strumenti di pagamento, perché la colpa grave può interrompere il diritto al rimborso. Si tratta di una negligenza “straordinaria e inescusabile”, come inserire i codici in pagine raggiunte tramite link sospetti o comunicare i codici usa e getta a sedicenti operatori bancari. Quando invece il correntista agisce con normale prudenza ma viene ingannato da truffe particolarmente raffinate, il danno resta a carico dell’intermediario in quanto espressione del rischio d’impresa legato ai servizi digitali.

Impatto economico e nuovi standard di sicurezza per le banche

Le decisioni più recenti hanno effetti immediati sull’operatività degli istituti di credito. Per ridurre il contenzioso e contenere i costi dei rimborsi, le banche sono spinte a investire in sistemi di monitoraggio in tempo reale, algoritmi capaci di bloccare o segnalare transazioni anomale rispetto al profilo del cliente, notifiche push e canali dedicati per la segnalazione delle frodi. Questi standard di maggiore sicurezza comportano nuovi oneri organizzativi e tecnologici, ma rafforzano la fiducia dei risparmiatori nell’uso dei canali elettronici e contribuiscono a ridurre l’impatto complessivo delle truffe sul sistema dei pagamenti.

Correntisti più protetti ma chiamati a collaborare

Nel complesso emerge un quadro di tutela rafforzata del correntista, soprattutto consumatore, che non viene più lasciato solo di fronte a schemi di frode sempre più sofisticati. Gli utenti sono però chiamati a collaborare: aggiornare le credenziali, verificare l’indirizzo del sito prima di inserire i dati, usare solo i canali ufficiali e segnalare subito ogni movimento sospetto. In presenza di addebiti non autorizzati, contestare rapidamente le operazioni e chiedere il blocco degli strumenti di pagamento riduce il rischio che il caso sia ricondotto a colpa grave del cliente e aumenta le possibilità di ottenere il rimborso.

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Giuseppe Anfuso

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