La decisione n. 605/2025 della Corte di Cassazione, sezione lavoro, si colloca al crocevia tra tutela antidiscriminatoria e organizzazione del lavoro: chiarisce la portata dell’obbligo di accomodamenti ragionevoli per i lavoratori con disabilità e riconosce che, quando praticabile, lo smart working può costituire il mezzo organizzativo idoneo a soddisfarlo. Il provvedimento conferma la pronuncia d’appello che aveva ordinato l’assegnazione del lavoratore disabile alla sede più vicina alla residenza e lo svolgimento della prestazione in modalità agile.
Fatti rilevanti
Un dipendente addetto all’assistenza tecnica di primo livello, affetto da gravi deficit visivi, aveva chiesto di lavorare in modalità agile dalla sede più prossima al domicilio. L’azienda aveva escluso la sua qualifica dall’accordo aziendale sul lavoro agile, pur avendo utilizzato la medesima modalità nel periodo pandemico. La Corte d’Appello (Napoli) accoglieva la domanda; la società ricorreva per cassazione.
Regola di diritto affermata
La Cassazione rigetta il ricorso e ribadisce che:
- l’obbligo di accomodamenti ragionevoli di cui all’art. 3, comma 3-bis, d.lgs. 216/2003 è vincolante; il suo inadempimento integra discriminazione;
- vige un regime probatorio “agevolato” nei giudizi antidiscriminatori: al lavoratore spetta allegare il fattore di rischio e il trattamento deteriore, nonché la correlazione tra i due; al datore incombe la prova di circostanze specifiche e univoche idonee a escludere il carattere discriminatorio della misura contestata;
- il giudice del merito deve verificare caso per caso la praticabilità di misure organizzative compatibili con le limitazioni funzionali del lavoratore, tenendo conto del limite degli oneri non sproporzionati per l’impresa;
- lo smart working può essere il “ragionevole accomodamento” quando la soluzione sia concretamente praticabile e già sperimentata (come avvenuto in pandemia).
Smart working come accomodamento: perimetro e limiti
La Corte valorizza lo smart working non come privilegio, ma come strumento organizzativo che, se idoneo, consente di conciliare il diritto del lavoratore disabile alla permanenza in mansioni compatibili con l’interesse datoriale alla prestazione utile. Il datore può rifiutarlo solo dimostrando che comporterebbe oneri finanziari sproporzionati o che il contenuto delle mansioni lo renda effettivamente impraticabile. Il precedente impiego dello smart working durante l’emergenza sanitaria è valutato come indizio forte di praticabilità della misura.
Coordinamento con il quadro normativo sopravvenuto
Pur non applicabile “ratione temporis”, il commento originario sottolinea che il d.lgs. 62/2024 ha procedimentalizzato la facoltà della persona con disabilità di chiedere l’accomodamento, riconoscendole anche il diritto a partecipare alla sua individuazione; nel medesimo solco si muove l’art. 5-bis l. 104/1992. Questi riferimenti confermano sistematicamente la lettura della Cassazione: l’accomodamento ragionevole è diritto azionabile e non clausola programmatica.
Onere della prova e ruolo del giudice
La sentenza richiama un modello processuale non fondato sulla mera inversione dell’onere, bensì su una distribuzione funzionale: il lavoratore allega e dimostra elementi sintomatici della discriminazione; il datore deve offrire prova contraria puntuale (non generiche esigenze organizzative). Il giudice, se manca l’accordo tra le parti, individua la soluzione e ne valuta la proporzionalità in concreto.
Implicazioni operative per i datori di lavoro
Dalla pronuncia discendono indicazioni pratiche chiare:
- Istruttoria “seria” sulla richiesta di accomodamento (mappatura mansioni, strumenti, processi impattati). Mere affermazioni di complessità organizzativa sono insufficienti.
- Valutazione comparativa delle alternative (ad es. telelavoro, smart working, ausili tecnologici, adattamenti di orario/luogo), con tracciamento documentale delle ragioni di fattibilità o non fattibilità.
- Proporzionalità dei costi: il rifiuto è legittimo solo se gli oneri risultano effettivamente sproporzionati e ciò venga provato.
- Coerenza: l’uso pregresso dello smart working in situazioni analoghe ha rilevanza, perché dimostra che l’accomodamento è già compatibile con l’assetto azienda.
Portata sistematica della decisione
Il valore aggiunto della sent. n. 605/2025 sta nel ricondurre lo smart working nel vocabolario degli accomodamenti, evitando letture difensive che lo relegano a misura eccezionale. La Corte rimarca un bilanciamento ragionevole tra interessi: da un lato, l’autonomia e l’inclusione lavorativa della persona con disabilità; dall’altro, l’effettività della prestazione e la sostenibilità organizzativa. La chiave è l’accertamento concreto, guidato dai principi di solidarietà, buona fede e correttezza.
Conclusioni
La sentenza consolida tre principi:
- l’accomodamento ragionevole è obbligo giuridico;
- lo smart working è, quando praticabile, una soluzione qualificata di accomodamento;
- la prova della non praticabilità spetta al datore e deve essere specifica.
Nel caso concreto, l’aver già utilizzato il lavoro agile in periodo pandemico ha reso decisiva la valutazione di ragionevolezza dell’accomodamento richiesto. Così la Corte rafforza una tutela antidiscriminatoria effettiva, fondata su verifiche casistiche e su un dovere di dialogo organizzativo, senza imporre automatismi, ma neppure consentendo negazioni preconcette.
Fonti
- Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 10 gennaio 2025, n. 605
- Tribunale del Lavoro di Mantova, n. 77/2025
- Tribunale del Lavoro di Ivrea, n. 231/2025
- Corte d’Appello – Sezione Lavoro di Napoli, n. 1061/2024
- Tribunale del Lavoro di Roma, n. 5559/2024
- Tribunale del Lavoro di Milano, n. 3082/2025
- Tribunale del Lavoro di Milano, n. 1594/2025
- Corte d’Appello – Sezione Lavoro di Milano, n. 501/2025
- Tribunale del Lavoro di Trieste, n. 34/2025
- Tribunale del Lavoro di Trani, n. 166/2025
- Tribunale Civile di Trieste, n. 259/2025
- Tribunale del Lavoro di Napoli, n. 334/2025
- d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216, art. 3, comma 3-bis
- Direttiva 2000/78/CE
- Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
- Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
- Legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 5-bis
- d.lgs. 22 marzo 2024, n. 62