L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione lavoro, 9 settembre 2025, n. 24919, interviene in materia di licenziamento disciplinare per e-mail anonime inviate da un dipendente a un dirigente aziendale. La Corte ribadisce che la sproporzione tra la condotta contestata e la sanzione espulsiva, in assenza di tipizzazione contrattuale di una sanzione conservativa, comporta l’applicazione della tutela indennitaria ex art. 18, comma 5, Statuto dei lavoratori. L’analisi ricostruisce i fatti, il quadro normativo, la giurisprudenza di riferimento e le principali posizioni dottrinali, con particolare attenzione al bilanciamento tra certezza delle regole disciplinari e principio di proporzionalità.
Introduzione
Il tema della proporzionalità nel licenziamento disciplinare resta centrale nel diritto del lavoro italiano, soprattutto dopo la riforma introdotta dalla legge n. 92/2012 (c.d. riforma Fornero), che ha ristretto l’area della reintegrazione. La pronuncia in commento conferma che, ove la condotta addebitata sia accertata e rilevante ma non tipizzata dal contratto collettivo con una sanzione conservativa, l’unico rimedio è quello indennitario. La Cassazione riafferma così il limite del sindacato di legittimità, ribadendo che la valutazione della gravità e proporzionalità della sanzione appartiene al giudice di merito.
I fatti di causa
Il lavoratore, dipendente di PAM Panorama S.p.A., veniva licenziato disciplinarmente per aver inviato tre e-mail anonime e offensive nei confronti del Direttore vendite. La Corte d’appello di Firenze, valorizzando prove indiziarie e presunzioni, ritenne provata la paternità dei messaggi. Pur riconoscendo la rilevanza disciplinare della condotta, la Corte giudicò sproporzionata la sanzione espulsiva, dichiarando illegittimo il licenziamento e applicando la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5, l. 300/1970.
Il lavoratore ricorse in Cassazione, contestando sia la legittimità del ragionamento presuntivo sia l’esclusione della tutela reintegratoria.
Il quadro normativo
L’art. 18 Statuto dei lavoratori, nella versione modificata dalla l. 92/2012, distingue tre regimi di tutela:
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reintegrazione nei casi di insussistenza del fatto contestato o quando il fatto è sanzionato dal contratto collettivo con misura conservativa (commi 4 e 7);
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tutela indennitaria forte per le altre ipotesi di illegittimità, incluse le sproporzioni tra fatto e licenziamento (comma 5);
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tutela indennitaria attenuata nei casi di vizi procedurali (comma 6).
Il principio di proporzionalità è sancito dall’art. 2106 c.c. e trova fondamento costituzionale nell’art. 41 Cost., quale limite all’iniziativa economica, e nell’art. 24 Cost., quale garanzia del diritto di difesa[1].
La giurisprudenza di riferimento
Le Sezioni Unite, con la nota sentenza n. 8053/2014, hanno chiarito che il sindacato della Cassazione sulle decisioni di merito è limitato alla verifica di vizi motivazionali gravi e all’omesso esame di fatti decisivi[2].
La giurisprudenza successiva ha ribadito che la sproporzione tra infrazione e sanzione espulsiva, salvo che il CCNL preveda una misura conservativa, comporta soltanto l’indennizzo:
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Cass. 25 maggio 2017, n. 13178[3];
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Cass. 17 luglio 2018, n. 18823[4];
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Cass. 6 dicembre 2019, n. 31839[5].
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 59/2021, ha confermato la legittimità del sistema differenziato di tutele, affermando che il legislatore gode di un ampio margine nella modulazione delle conseguenze del licenziamento illegittimo, purché sia assicurata un’adeguata protezione al lavoratore[6].
La decisione della Cassazione n. 24919/2025
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili le censure sul ragionamento presuntivo, osservando che le inferenze logiche appartengono al giudizio di fatto e non sono rivalutabili in sede di legittimità, salvo evidenti vizi di motivazione.
Quanto al merito, ha confermato che, in assenza di una clausola collettiva che preveda una sanzione conservativa, la sproporzione non comporta reintegra, ma l’applicazione della tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5, Stat. lav. La scelta della Corte rafforza l’orientamento secondo cui la reintegrazione resta rimedio eccezionale e residuale.
Criticità e osservazioni dottrinali
Parte della dottrina ha criticato la riduzione dell’area della reintegra, sostenendo che il principio di proporzionalità rischia di perdere effettività se il rimedio resta solo economico (Carinci)[7]. Secondo altri, la distinzione introdotta dalla riforma Fornero è coerente con l’esigenza di bilanciare la libertà d’impresa con la protezione del lavoratore, riducendo l’impatto deflattivo delle liti (Perulli)[8].
Altri autori hanno evidenziato il rischio di disomogeneità applicativa dovuta alla variabilità dei CCNL: la presenza o meno di una tipizzazione conservativa può determinare esiti opposti a parità di condotta, incidendo sulla certezza del diritto (Giubboni-Colavita)[9].
Conclusioni
L’ordinanza n. 24919/2025 conferma la linea restrittiva della Cassazione: la sproporzione della sanzione non consente la reintegra se non tipizzata dal contratto collettivo. La decisione offre certezza interpretativa, ma lascia irrisolto il problema del bilanciamento tra effettività della tutela e uniformità applicativa. È auspicabile che la contrattazione collettiva intervenga in modo più sistematico per tipizzare condotte e relative sanzioni, riducendo gli spazi di incertezza e garantendo una maggiore coerenza del sistema disciplinare.
Note
[1] Art. 2106 c.c.; art. 18 l. 20 maggio 1970, n. 300; art. 41 e 24 Cost.
[2] Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053, in Giust. civ. Mass., 2014, 4.
[3] Cass. civ., Sez. lav., 25 maggio 2017, n. 13178, in De Jure.
[4] Cass. civ., Sez. lav., 17 luglio 2018, n. 18823, in De Jure.
[5] Cass. civ., Sez. lav., 6 dicembre 2019, n. 31839, in De Jure.
[6] Corte cost., 1° aprile 2021, n. 59, in Giur. cost., 2021, 2, p. 627 ss.
[7] F. Carinci, Il licenziamento dopo la riforma Fornero, in RGL, 2013, p. 3 ss.
[8] A. Perulli, Licenziamenti e tutele crescenti: il nuovo equilibrio tra libertà d’impresa e diritto al lavoro, in Dir. rel. ind., 2016, p. 217 ss.
[9] S. Giubboni – S. Colavita, La proporzionalità nelle sanzioni disciplinari, in CSDLE “Massimo D’Antona” Working Papers, 2017.